
Viaggio nelle terre del Myanmar: parte seconda
L’itinerario
L’itinerario è quello classico di un viaggio in Birmania: Mandalay, Bagan, il lago Inle, Yangon, per complessivi 15 giorni, più due di viaggio.
Gli spostamenti interni, per i quali abbiamo utilizzato anche autobus di linea, oltre a mezzi noleggiati, ci hanno consentito di immergerci in paesaggi forti e belli. In febbraio, alla fine della stagione secca, la campagna è riarsa, polverosa e i colori spaziano dal giallo al marrone.
Oltre ai monumenti e ai siti più conosciuti e noti, che ovviamente valgono tutti la pena di essere visitati, ci piace ricordare alcuni luoghi, momenti, situazioni che abbiamo particolarmente apprezzato.
A Mandalay, il mercato della giada. È il luogo dove grossi blocchi di giada vengono portati, tagliati, lavorati e commercializzati. È poco frequentato dai turisti, ma molto interessante, anche sotto il profilo sociologico, con una divisione dei ruoli nell’ambito della lavorazione e del commercio precisa e riconoscibile. Accanto a questa attività, come ritroveremo in tutti i mercati, c’è una zona dove si prepara il cibo e si mangia.

L’antica città Ava (Innwa) dove si stanno riportando alla luce alcuni reperti archeologici, in una zona che continua a essere abitata dalla popolazione locale con un’affascinante commistione. Si può girare in bicicletta possibilmente con l’aiuto di una guida disponibile a scoprire posti fuori dagli itinerari turistici.
Ad Amarapura, il ponte U-Bein da percorrere tutto, fino in fondo e poi arrivare fino alla pagoda, frequentata solo da birmani, e mangiare un piatto di noodles in una delle “bettole” sulla strada, insieme alla gente del posto.


Il laboratorio tessile di Amarapura, dove viene lavorata la seta su telai ancora azionati a mano, con grande destrezza dalle operaie, seppur in condizioni igienico-ambientali pessime.

La piana di Bagan con i suoi oltre tremila edifici religiosi (templi, pagode, stupa) risalenti a un arco temporale di diversi secoli (dall’11.mo al 18.mo) è uno spettacolo a cui dedicarsi con calma, tenendo conto che è un posto molto caldo.


Tutta la zona del Lago Inle è fortemente attrattiva per il turista in quanto mette insieme diverse componenti: edifici religiosi, mercati, natura, attività artigianali. Il rischio è che per far fronte alla crescente domanda turistica, in mancanza di un piano di sviluppo complessivo, il territorio sia oggetto di una cementificazione incontrollata, di cui si vedono già i primi segni. Il lago lo abbiamo visitato su piatti barchini di legno che ospitano fino a cinque persone e si addentrano tra i villaggi costruiti su palafitte, in mezzo ai floating gardens, per arrivare ai grandi mercati che si svolgono sulle rive, ogni giorno in una diversa località.


Una menzione particolare al complesso di Inn Dein, dove è raccolto oltre un migliaio di stupa decorati, alcuni molto antichi, sui quali sono cresciute piante che ricordano, in piccolo, Angkor Wat.
Nella grotta di Pindaia raggiungibile in un paio d’ore di auto da Nyaung Shwe, sono raccolti un numero incredibile di Buddha ricoperti d’oro, di diverse dimensioni, accolti in ogni nicchia naturale. E’ un posto che emana un forte senso di spiritualità anche per la devozione che esprimono i birmani in visita.


Molto godibile dal punto di vista paesaggistico è la strada che da Nyaung Shwe porta a Pindaya. Attraversa zone coltivate di una terra ocra vivo, punteggiata da piccoli specchi d’acqua dove i bambini sguazzano in mezzo ai bufali, le donne fanno il bucato, le più giovani le loro abluzioni.

Nei pressi di Nyaung Shwe il monastero di legno Shwe Yan Pyay, per la formazione dei giovani monaci, molti ancora bambini. Accanto al monastero, in un piccolo edificio labirintico, minuscole nicchie accolgono innumerevoli statuette di Buddha, donate per devozione da persone provenienti da tutto il mondo, in una cornice di decorazioni orientali molto suggestiva.
Yangon è una città caotica, sporca, inquinata, in poche parole, difficile. Spostarsi da un posto all’altro richiede tempo, con la certezza di rimanere imbottigliati nel traffico.

Arrivarci alla fine del viaggio ci ha colti un po’ stanchi. Dopo aver visto molti bellissimi luoghi e aver fatto incontri importanti, forse non ci ha permesso di goderne appieno. Da non perdere, malgrado la fatiscenza degli stabili, il quartiere coloniale, una volta considerato il più bel quartiere inglese del sudest asiatico.

In conclusione: quello in Myanmar è un viaggio antropologico dove l’incontro con i birmani rappresenta l’aspetto più interessante.
Il paese è incredibilmente “fotogenico” e molto gratificante per il fotografo.
La cucina birmana è, tutto sommato, buona. Forse un po’ monotona dopo quindici giorni, ma non eccessivamente speziata e con un grande uso di verdure.

I libri che ci hanno accompagnato
Myanmar, in Birmania alla scoperta dei tesori d’Oriente (Ed. Polaris) di Claudio Bussolino e Simone Sturla: è una guida con una ricchissima parte generale sulla cultura, la religione, la storia del paese;
Myanmar, Guida Lonely Planet;
Passeggiate in terra buddista – Birmania di Christine Jordis scrittrice francese che ha lungamente viaggiato nel paese;
Myanmar, dove la Cina incontra l’India di Thant Myint U, storico birmano che insegna all’università di Cambridge.

