
Segni esteriori di religiosità bretone
SEGNI DI PIETRA
La scelta dei materiali con cui costruire chiese, abbazie, cappelle è quasi obbligata in un paese di granito. Infatti tutte le antiche chiese bretoni sono di granito grigio, che si fa scuro quando è nuvolo, c’è nebbia, è inverno o piove. Probabilmente questo tono un po’ cupo del paesaggio, oltre alla natura difficile per quasi tutto l’anno, ha condizionato il cattolicesimo tradizionale di quei posti, la sopravvivenza di influenze devozionali celtiche e l’attenta dedizione ai santi e ai morti.

La Bretagna in passato era soprattutto un paese agricolo, con poche piccole città e molte parrocchie rurali che gareggiavano per i calvari più belli e le chiese più stupefacenti, contendendosi i migliori scultori, intagliatori e artigiani. Già, perché tra il ‘400 e il ‘600 la Bretagna, da sempre isolata frontiera, diventò un ricco mercato di lavorazione del lino e della canapa per le vele e attrazione per facoltosi empori marittimi. E ricchi commerci volevano dire denaro da poter investire in segni materiali di opulenza e potenza, fosse pure gareggiando con le altre parrocchie dei dintorni a suon di recinti parrocchiali, calvari, chiese e cappelle.
Nel nostro itinerario abbiamo visitato chiese e abbazie di stile quasi sempre gotico, anche nella versione fiammeggiante, e più di rado tardo-romaniche. Tuttavia, nonostante la bellezza delle chiese, a volte addirittura capolavori, come a Kernascleden, sono stati i calvari e gli enclos parroissiaux (i complessi parrocchiali) che ci hanno intrigato per le loro caratteristiche originali.
I Calvari
Non sono manifestazioni devozionali soltanto bretoni, ma qui assumono un valore artistico e antropologico unico. Innalzati dal tardo medioevo fino al XVIII secolo, in tutta la Regione ne sono censiti centinaia; alcuni tra i migliori sono all’interno dei 23 enclos parroissiaux, a loro volta riconosciuti come beni culturali. In Bretagna sono peculiari perché vi si trovano sculture attorno al crocefisso e raffigurano storie con un gusto teatrale e intenzioni educative e ammonitrici. In età medievale erano contrassegni dell’avvenuta cristianizzazione di quelle terre lontane e poco abitate, che risentivano ancora della paganità celtica ed erano meta di evangelizzatori dal nord, specialmente irlandesi.
Due ci hanno impressionato per la complessità progettuale e la fattura tecnica. Il meglio conservato della Bretagna è calvario di Guimiliau, posto all’interno dell’omonimo enclos parroissial (cioè un recinto murario che racchiude un complesso parrocchiale con chiesa calvario cimitero ossario chiostro e con un ingresso monumentale). Non si può perdere. È della seconda metà del ‘500, addirittura più alto della vicina e bella chiesa gotica e mostra scene della Passione valorizzandone l’aspetto misterico con forme sia gotiche che rinascimentali. Si possono contare oltre 200 personaggi, scolpiti in granito dalle mani di due maestri diversi. Modernissimo ci è parso il gruppo scultoreo sul destino infernale di Katell Gollet, leggendaria figura di sacrilega lussuriosa di queste parti.


L’altro Calvario è quello di Guehénno, ancora di più immerso nella campagna. È del 1550 e si trova nell’unico complesso parrocchiale completo della regione del Morbihan. Ha una storia travagliata di scempio durante la Rivoluzione e di ricostruzione attentissima da parte dell’abate Jacquot nel 1863, il quale aggiunse altre statue in modo quasi indistinguibile da quelle di tre secoli prima. Curiosa e unica è una colonna sormontata da un galletto, simboleggiante il rinnegamento di Pietro.


SEGNI DI IMMAGINI
La religiosità bretone ci è apparsa intensa e profonda nelle sue manifestazioni figurative, specialmente tardo medioevali e rinascimentali. Nelle chiese e nelle cappelle abbiamo trovato preziose e a volte inaspettate testimonianze pittoriche e scultoree. Di tutte, tre vogliamo qui segnalare.
Kermaria an Isquit, cioè Maria Salvatrice. È una cappella del 1200, un edificio di granito lungo una strada secondaria vicino Plouha. Fu eretta da un certo Enrico II d’Avangouer, perché salvatosi dalle crociate, e poi rinnovata in stile gotico nel ‘400. Da fuori appare una piccola chiesa bretone come altre, impreziosita dalla natura boscosa tutta attorno. Ma dentro ha una delle due danze macabre in Bretagna, oltre quella di Kernascleden.
Le danze macabre sono un noto tema folkloristico europeo, diffusosi dall’inizio del ‘400 dopo la peste trecentesca e, da queste parti, dopo la guerra dei Cento Anni, probabilmente come evoluzione di precedenti stilemi macabri (tra tutti, l’episodio famosissimo dei tre vivi che incontrano i tre morti: il nostro blog ne ha già parlato qui), Oltre a dipingerle, le Danze venivano raccontate dai cantastorie e recitate nei teatri di strada, ad esortazione dei fedeli.
Di solito le Danze della Morte non sono capolavori pittorici, ma rimangono importanti testimonianze della gerarchizzata società del tempo. E Kermaria non fa eccezione: 25 figure a braccetto di altrettanti scheletri, in ordine di importanza dal Papa all’Imperatore giù giù fino al contadino e al bambino. La Danza insomma ci ammonisce sulla morte che rende anonimi, è una lezione morale sulla vanità.

Kermaria ha anche una statuaria lignea importante, sia nel pronao, che nella navata. Ci ricordiamo di una madonna del ‘400, unica nel mostrare le scarpe. E di due splendidi riquadri di bassorilievi medievali in alabastro inglese.


Kernascleden. Nostra Signora di Kernascleden è una chiesa vicino Le Faouët. Capolavoro del gotico fiammeggiante, ha così tanti pinnacoli, che veniva detta “dei mille campanili”, anche se proprio di quelli ne ha uno solo. Sicuramente in passato doveva far il suo effetto, uscire dalla fitta foresta di Pont Kaller e trovarsi davanti questa irta chiesa di granito. Ora ci si gira attorno con le auto.


Nella perfezione stilistica della navata, pure qui troviamo una Danza Macabra, con il particolare aggiunto della figura dell’Ankou – che rappresenta la comunità dei defunti ed è di derivazione celtica. Per completare l’effetto sui fedeli, la parete di fronte ha disegnato un terrifico inferno.

Sulle vele del transetto nord sono invece affrescati angeli musicisti molto originali, che suonando strumenti medievali intonano l’inno di una messa che era noto in Aragona e Provenza (ma chissà come, anche al pittore di qui!).
Saint Fiacre du Faouët. Il suo jubé vale la fatica di inoltrarsi nelle strade secondarie all’interno del Morbihan. Questo tramezzo ligneo in stile gotico fiammeggiante, separa il coro dalla navata e offre l’occasione di una decorazione statuaria policroma e intagliata in altorilievo su entrambe le facciate. È un’opera della metà del ‘400 di tale Olivier Le Loergan. Rappresenta, verso i fedeli, scene edificanti sulla creazione, Passione e della Madonna; mentre sul retro, rivolte ai presbiteri, figure ammonitrici che simboleggiano i peccati capitali con modalità spesso bizzarre e grottesche, che ci ricordano il famoso trittico di Bosch.




Lo jubé non è il solo motivo di stupore. Ad esempio, un’altra statua lignea di grande formato, ricorda ai fedeli, con particolari realistici, il martirio di s. Apollonia da Alessandria, a cui cavarono tutti i denti prima di bruciarla, trasformandola in patrona dei dentisti.
SEGNI DEI RITI
I Pardon sono processioni penitenziali di solito verso Calvari o con un giro delle parrocchie, quasi un pellegrinaggio per chiedere indulgenze. In Bretagna conservano un particolare valore e seguito, mantenutosi nei secoli probabilmente per le somiglianze con i rituali druidici pre-cristiani. Se ne hanno notizie dal 1400. Uno dei più famosi Pardon itineranti è quello di Locronan, che si svolge in costume medievale ogni sei anni dalla chiesa di St. Ronan, lungo un percorso di 12 km, da compiere in più giorni attraverso 12 Calvari (è detto la Grande Troménie).
I Pardon sono l’occasione per confezionare magnifici stendardi processionali ricamati a mano dalle donne del paese e poi esposti in chiesa, dove abbiamo avuto occasione di apprezzarne l’arte popolare.
Poichè terra bagnata dal mar d’Iroise tra i più pericolosi del mondo, i naufragi frequenti e le morti in mare senza un corpo da tumulare, un rilievo a parte lo hanno poi i Pardon de la mer, con estive processioni costiere di barche. Famosi sono quelli di St. Malo, Dinard e Saint Servan sur mer.
Informazioni pratiche
Calvario di Guehénno. Una trentina di km a nord di Vannes, verso Josselin, sulla D778. Riferimento è il sito: www.centre-morbihan-tourisme.bzh.
Calvario di Guimiliau. Poco lontano da Morlaix. Una descrizione dettagliatissima del complesso parrocchiale e della sua statuaria si trova su wiki.fr
Locronan e il suo Pardon: www.locronan-tourisme.bzh. Il paese si trova vicino Quimper, nella penisola di Crozon, Cornovaglia bretone.
Kermaria an Isquit. È nel comune di Plouha. Numerose le notizie in Rete, anche in italiano. Segnaliamo per la completezza www.plouha.fr e il sito www.alamy.com per immagini ad alta definizione della Danza Macabra.
Kernascleden e la cappella di Saint Fiacre. Sono vicini a Le Faouët, nel paese del leggendario re Morvan, che nell’VIII secolo resisteva all’espansione dei Franchi. Riferirsi a www.tourismepaysroimorvan.com
Pardons bretoni. Abbiamo consultato Rey D. – Gente da leggenda in: Bretagna, ed. Condè, Milano 2005. Oltre a quello di Locronan, in Bretagna se ne stimano almeno trenta fra i principali. In Rete si veda la voce Pardon di bretagna-vacanze.com per avere le date annuali.
Il tour completo dei 23 enclos parroissiaux bretoni, prevede(rebbe): Dirinon, Pencran, Tremaouzean, Berven, Bodilis, Saint Servais, La Roche Maurice, Ploudry, La Martyre, Treflevenez, Le Trehou, Sizun, Locmelar, Lampaul, Guimiliau, Saint Thegonnec, Loc Eguiner, Commana, Plouneour, Pleyber, Plourin Morlaix, Plougonven e St. Jean du Doigt.

