
Oslo: dalle esplorazioni artiche al quartiere hipster alla rigenerazione urbana
Trascorriamo 24 ore a Oslo rientrando da alcuni giorni trascorsi a Tromso.
Anche qui eravamo già stati una decina di anni fa, durante un viaggio estivo che ci aveva portato a esplorare la Norvegia da Nord a Sud. Ma una capitale, e dopo 10 anni poi, ha sempre qualcosa di nuovo da mostrare. E anche noi non siamo più gli stessi dopo tutto questo tempo.

Norvegia, un paese di esploratori
Decidiamo di andare a vedere il Fram museum che ospita materialmente la nave Fram, le cui vicende ci avevano incuriosito nella visita del Polarmuseet di Tromso.
La Fram è una nave appositamente costruita – ed equipaggiata – per le spedizioni polari, con uno scafo rinforzato e opportunamente disegnato per resistere alla pressione dei ghiacci della banchisa. È quella con cui a fine ‘800 l’esploratore norvegese Nansen tentò di arrivare al Polo Nord e che fu poi utilizzata una quindicina di anni dopo da Amundsen per raggiungere l’Antartico per la conquista del Polo Sud.


C’è quindi una gran quantità di storie e avvenimenti da raccontare. Materiale interessantissimo ed entusiasmante, attorno al quale è costruito un percorso di visita che descrive queste esplorazioni e ne trasmette il senso di “avventura”, il pericolo corso, il fattore “fortuna”. Alle pareti, su grandi schermi, scorrono video in bianco e nero del mare in tempesta, con le imbarcazioni sballottate avanti e indietro dalle onde, sferzate dalla pioggia e dal vento. Aggirandosi nel museo si è completamente immersi nell’atmosfera delle spedizioni. E poi sulla nave è possibile salire a bordo ed esplorarne gli interni, la sala macchine, la stiva, le cabine, con tutti gli arredi e gli oggetti di uso comune dalle stoviglie, alle mappe, alle pelli e pellicce per ripararsi dal freddo.

Restiamo nel museo almeno un paio d’ore, completamente catturati dalle vicende di questi esploratori.
La città cambia
Una passeggiata ci conduce appena fuori dal centro storico, lungo il corso impetuoso del fiume Akerselva. Siamo a Vulkan, una vecchia zona industriale in trasformazione. Una piccola città nella città.

In parte edifici in mattoni ormai abbandonati, muri coperti di murales, uno spazio pedonale ritagliato tra il fiume e gli edifici dismessi delle vecchie fabbriche. La domenica vi si tiene un mercatino di prodotti artigianali e oggetti di seconda mano: il tipico luogo alternativo che è possibile rintracciare in tantissime città europee.

Molti i cantieri aperti con lavori di ristrutturazione in corso, in fase più o meno avanzata. Le aree dove i progetti di sviluppo e rigenerazione urbana sono già una realtà sono sparsi a macchia di leopardo nel tessuto del quartiere. Partiamo dalla ristrutturazione del vecchio Mathallen, ieri mercato alimentare, oggi, mantenendo la precedente vocazione, mercato di prodotti gastronomici, che ospita caffè, ristoranti, negozi di delikatessen. Approdiamo ad aree più moderne, caratterizzate dallo sviluppo di nuovi edifici ecosostenibili, con un’architettura pensata per limitare l’impatto ambientale.
È il quartiere più cool di Oslo, dicono alcuni. L’atmosfera che vi si respira in una domenica non ancora invernale è molto rilassata: un buon posto dove trascorrere gli ultimi sprazzi di una breve vacanza.


