
Muralismi al centro di Napoli

Una tra le distinzioni empiriche dell’arte pubblica di strada si può fare attraverso la grandezza dei pezzi. Grandi murales su grandi palazzi, ponti, cavalcavia, muraglioni… implicano messaggi e immagini da osservare a grande distanza, si “impongono” cioè al passante. Il loro formato entra facilmente a far parte dello skyline urbano e poi di tutti i commenti e i reportage (basti ricordare i pezzi monumentali di Jorit a s. Giovanni a Teduccio). Ma le pareti, le serrande, le porte, i marciapiede e i vetri di una città sono occasioni di superfici per un’arte di dimensioni molto più contenute, con pezzi che si affastellano, si addossano tra loro, mescolano tecniche richiami e messaggi.



Al centro di Napoli, in un nostro tour, siamo rimasti colpiti proprio da questa dimensione più intima, fatta di pezzi di piccola preziosa fattura. Questi si accostano e sovrappongono numerosi: spesso sono poster, a volte décollage, stencil, di rado graffiti e writing. Se ne ottiene un muralismo cangiante, multicolore e polifonico tra vicoli, bassi, muri délabré di crosta decadente e antichità.

L’abbondanza di contributi obbliga alla sosta, alla scoperta e alla sorpresa. Il tutto mentre le vie vocianti e affollatissime di un sabato soleggiato d’inverno sono parte integrante di una colonna sonora di indispensabile vitalità.



Siamo stati guidati tra i Tribunali e Spaccanapoli, da piazza Bellini giù fino al convento di S. Chiara. È stato un paziente esercizio di sguardi, mentre scarti il passante affrettato, ti accosti ai muri per far passare macchine e motorini, guardi a terra perché non si sa mai, aggiri le file davanti ai localini di street food. Tutto per conquistare una posizione che sveli e permetta un momento di riflessione o magari di riconoscimento. Già, perché questi muri sono basi per progetti complessi e ripetuti, alcuni che attraversano gli anni oltre che altri quartieri e periferie, non solo napoletane.


I temi prevalenti sono comuni alla street di molte altre città nel mondo: denuncia della povertà, delle diseguaglianze, delle discriminazioni, dell’omofobia, della violenza sulle opposizioni e minoranze… Ma a Napoli, città con 52 santi patroni, si trovano numerose icone santificate: Pulcinella, Pino Daniele, Totò, Maradona… Ma anche, immancabile, san Gennaro, che a rigore è un santo vero.



Oltre al fotografatissimo Banksy della Madonna con la pistola, quasi musealizzato con plexiglass e la pubblicità dei suoi curatori, e all’enorme san Gennaro di Jorit a san Giorgio maggiore, c’è molto altro nel caotico centro antico.
Basta spendere qualche ora per seguire il progetto @cassandra.parla di Emanuela Auricchio e gli squisiti pezzi di Diego Miedo e di Whatifier. O ancora le Sirene e Ciacione di Trallallà (la nostra copertina), i Tritoni dei prolifici Cyop&Kaf, le serrande del circolo Arci-gay di Knet, i Pulcinella di Exit Enter. E poi Luca Raro che – come Miedo – da Scampia si è spinto sino al centro o infine Andrea Scialom con le sue Rompiscatole. Molti di loro sono artisti di Napoli o ormai acquisiti, ma ci sono anche autori internazionali come Zola con uno splendido Volti che si intrecciano, TVBoy che santifica Pino Daniele o l’intramontabile NAPOLI di Zeal Off e They Live. Come non citare, poi, Blub, @caracarmina, Daddystreetfox, Stinkfish, Yuri Hoppn o il progetto “che non guarda in faccia a nessuno” di Undeterred?


Insomma girare vorticosamente tra cardi e decumani di Napoli vuol dire saziarsi di ottima street art. Sempre che non ci si perda, seguendo i segnali stradali alterati e stickerati di Clet Abraham.
Grazie a Erika Chiappinelli, vivace guida del nostro tour (https://www.napoliandcampaniaontour.com/)


